Tommaso di Ser Giovanni di Mone, detto Masaccio, nasce da una famiglia discendente da falegnami e mobilieri, ossia di cassai, secondo il termine dell’epoca che diviene il cognome del casato. La nascita si fa risalire al 21 dicembre del 1401 nella cittadina di Castel San Giovanni, oggi San Giovanni Valdarno. Il padre è Ser Giovanni di Mone Cassai, notaio; la madre è Jacopa di Martinozzo. La casa paterna è situata nella via maestra del paese (tuttora esistente), dunque in una posizione socialmente importante. Masaccio ha due sorelle ed un fratello, soprannominato “scheggia”. Presto, dopo la morte del padre e le seconde nozze della madre, nascono anche due sorellastre ed un fratellastro.
Masaccio negli anni Venti è già attestato come appartenente all’Arte dei medici e speziali, con questa testimonianza scritta: “Masus S. Johannis Simonis pietas populi S. Nichelai de Florentia”. E’ il 1422 quando viene consacrata la chiesa del Carmine. Il pittore rievoca la fastosa cerimonia con una sagra, oggi non visibile ma probabilmente dipinta prima dell’inizio dei lavori della grande Cappella Brancacci. L’affresco ora è quasi del tutto perduto, ne restano solo alcuni frammenti dai quali si evince il clima festoso e forse la presenza dell’autore - testimoniata, insieme a quella di Donatello e Brunelleschi, dal Vasari - alla cerimonia. La distruzione del dipinto risale al 1600; ne rimangono, infatti, alcuni disegni copie, firmati da un anonimo, da Michelangelo, da Rosso Fiorentino. Il Vasari documenta un viaggio di Masaccio a Roma nel 1423, come pellegrino in occasione del Giubileo. Sono con lui, anche questa volta, il collega ed amico Brunelleschi e l’Alberti. Mentre imperversa la peste, che uccide le sue due sorellastre, Masaccio è ancora a Firenze ed attende con Masolino alla Cappella Brancacci. I documenti attestano la sua iscrizione alla Compagnia di San Luca, antica confraternita di pittori, creata nel 1350. Masaccio, a causa della partenza di Masolino per l’Ungheria, rimane da solo a lavorare alla Cappella ed ultima esclusivamente le due storie ai lati dell’altare con San Pietro.
Nel 1426, Ser Giuliano di Colino degli Scarsi da San Giusto gli affida l’incarico di dipingere un polittico per la sua cappella in Santa Maria del Carmine a Pisa. Gli viene pagato un compenso di ottanta fiorini, divisi in un acconto di dieci più diverse piccole rate. Poco o nulla si sa di questi ultimi anni della sua breve vita. Fanno fede della sua attività artistica i dettagli dei pagamenti e nient’altro. Muore nel 1428 a Roma.
L'Opera di Masaccio
Masaccio è unanimemente considerato l’iniziatore del Rinascimento. Molto meno anziano degli altri due grandi artisti degli albori di questo periodo, Donatello e Brunelleschi, egli muore molto giovane, privando i posteri della possibilità di ammirare una maturità sicuramente grandiosa. La sua influenza sul mondo artistico rinascimentale è assoluta, anche paragonata a quella avuta da Brunelleschi e Donatello in un periodo di sessant’anni.
L’arte di Masaccio si riassume in solo un lustro, eppure raggiunge un alto valore estetico. Tutt’oggi la sua opera più significativa, la Cappella Brancacci, viene considerata “il primo testo della pittura rinascimentale”.
Della formazione di Masaccio si sa poco. Si è supposto che egli fosse a bottega da Masolino da Panicale, con il quale collabora spesso ma dalla cui pittura non è minimamente influenzato, semmai il contrario. Il rapporto tra quello che dovrebbe essere l’allievo e il maestro è stato a lungo dibattuto dalla critica. Certo è che i risultati raggiunti da Masaccio nell’arte difficilmente trovano paragone in quelli di Masolino. Nell’opera del primo sembrano più ravvisabili forti suggestioni brunelleschiane e donatelliane ed è probabile che il lavoro col secondo sia stato dettato da motivi pratici.
La più antica opera di Masaccio è un “Trittico”, venuto alla luce in tempi moderni, chiamato di Cascia e datato al 1422. Pur se l’impianto dell’opera è piuttosto tradizionale, colpisce l’assetto prospettico caratterizzato da un punto di fuga posto molto in alto, per contribuire a coordinare una certa varietà di temi. Se ne deduce l’importanza che Masaccio dà ai contenuti morali, sacrificando gli spogli ornamenti.
Posteriore al “Trittico” è una “Madonna, il Bambino e Sant’Anna”, databile forse al 1424, anno in cui Masaccio inizia a collaborare con Masolino. E’ certo che Masaccio abbia dipinto la Vergine e il Bambino, racchiusi in una piramide volumetrica forte ed indissolubile. Si riscontra nelle immagini di Maria e Gesù - come anche in quella di Sant’Anna, sulla cui totale paternità non si è certi - una caratteristica peculiare di Masaccio: un chiaroscuro cromatico, ovvero creato dal colore.
Masaccio: l'invenzione della prospettiva
Masaccio viene salutato da Giorgio Vasari come se "fusse stato inventore” della prospettiva. Scrive ancora il Vasari, descrivendo puntualmente l’abilità unica che Masaccio dimostra nell’uso della prospettiva: "fece molto meglio gli scorti, e per ogni sorte di veduta, che niun altro che insino allora fusse stato… il che è stato di grande utile agli artefici, e ne merita esser commendato, come se ne fusse stato inventore; perché invero le cose fatte innanzi a lui si possono chiamar dipinte, e le sue vive, veraci e naturali… Fu studiosissimo nello operare, e nelle difficoltà della prospettiva, artifizioso e mirabile".
E’ l’uso della prospettiva che rende questo pittore il creatore della nuova cifra stilistica del Rinascimento, perfettamente rappresentata nella Cappella Brancacci della quale ancora il Vasari sottolinea il "mettere tanto bene in sul piano di quella piazza, a cinque e sei per fila, l'ordinanza di quelle genti, che vanno diminuendo con proporzione e giudizio, secondo la veduta dell'occhio, che è proprio una meraviglia".
Si è soliti attribuire la scoperta della prospettiva al Brunelleschi; eppure, i critici sono anche d’accordo nel sottolineare come Masaccio crei l’uso pittorico della prospettiva. Se Brunelleschi inventa una “geometria ottica”, Masaccio concepisce la prospettiva in modo realistico, rompendo ogni legame col tardo gotico e le rigidità medievali. L’attenzione e la puntuale scientificità con cui Masaccio affronta la prospettiva hanno indotto molti a credere che in alcune sue opere ci sia la mano del Brunelleschi. Il sodalizio non è accertato ma è probabile, proprio grazie alla concezione spaziale che Masaccio matura in brevissimo tempo. E’ pur vero che, sotto alcuni aspetti, Masaccio sia in grado di superare Brunelleschi, mutuando da lui l’impostazione prospettica ma riconducendo tutta la sua opera alla natura (caratteristica che lo stesso Leonardo sottolinea).
http://www.italica.rai.it/argomenti/storia_arte/masaccio/index.htm
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