Con il crescere del numero dei divorzi che coinvolgono i bambini, è emerso uno schema di comportamento anomalo che ha suscitato scarsa attenzione. Il presente studio descrive la Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio. Vengono dati degli specifici criteri nosologici con numerosi esempi clinici. Data la mancanza di dati scientifici disponibili sul disturbo, è necessario approfondire i problemi della classificazione, dell’eziologia, della cura e della prevenzione.
Introduzione
Un divorziato ottiene l’affido dei figli e l’ex-moglie gli brucia la casa. Una donna che era in guerra col marito per l’affido, compra ai figli un gatto pur essendo a conoscenza che il marito è allergico a questi animali. Una madre obbliga i figli a dormire in macchina per “dimostrare” che il loro padre li ha portati alla bancarotta. Queste azioni illustrano uno schema di comportamento anomalo che si è manifestato sempre più frequentemente con l’aumento del numero dei divorzi di genitori con figli.
Oggi metà dei matrimoni finiscono col divorzio (Beal e Hochman, 1991). Anche il numero dei bambini coinvolti nel divorzio è fortemente aumentato (vedi per es. Hetherinton e Arastah, 1988). La maggior parte di questi casi viene “risolta” dal punto di vista legale, ma la battaglia continua fuori dal tribunale.
I media si sono notevolmente impegnati al fine di aumentare la consapevolezza del pubblico sul problema dei padri divorziati che non provvedono al pagamento dell’assegno di mantenimento fissato dal tribunale. Hodges (1991) ha osservato che a tre anni dal divorzio solo il 20% dei padri divorziati provvede al pagamento dell’assegno di mantenimento. L’indagine sul conseguente peggioramento delle condizioni economiche delle donne (vedi per es. Hernandez,1988; Laosa, 1988) ha contribuito all’approvazione recente di leggi per affrontare il problema dei padri inadempienti .
Mentre i media giustamente descrivono le difficoltà causate alle donne e ai bambini dal fenomeno dei padri inadempienti, non si parla ancora della guerra ingaggiata da un gruppo distinto di madri contro padri che pagano regolarmente l’assegno e rispettano la legge. Tutti i giorni avvocati e terapisti ascoltano narrazioni simili a racconti dell’orrore in cui vengono attribuiti a padri innocenti comportamenti perversi. Purtroppo non vi sono dati scientifici sull’argomento. Anche la letteratura clinica ha ignorato il problema.
Si può trovare un’eccezione famosa negli scritti di Gardner(1987,1989) che ha descritto in modo eccellente la Sindrome da alienazione parentale che si manifesta con una serie di manovre attuate con successo dal genitore affidatario per alienare il figlio dal genitore non residente. Dopo essere stato sottoposto ad un efficace condizionamento, il bambino è “dominato dall’idea di denigrare e disapprovare uno dei genitori in modo ingiustificato e/o esagerato” (Gardner, 1989 pag.226). Nei casi tipici di Sindrome da alienazione parentale la madre e il figlio mettono in atto una serie di azioni anomale contro il padre. Gardner considera il concetto di “lavaggio del cervello” troppo limitato (Gardner,1989) per comprendere la manipolazione psicologica che il bambino subisce quando lo si spinge all’ostilità nei confronti del padre non residente.
Mentre le pionieristiche descrizioni di Gardner della PAS danno un importante contributo alla nostra comprensione delle ostilità presenti nei casi di divorzio che coinvolgono i figli, il presente studio riguarda un’anomalia più globale. Come già sottolineato negli esempi dati all’inizio di questo lavoro, nel corso delle cause di divorzio si verificano nei confronti dei mariti attacchi gravi che vanno al di là della semplice manipolazione dei figli. Inoltre queste azioni rivelano l’intenzionalità da parte di alcune madri di violare la legge della comunità. Infine, vi sono alcune madri che hanno costantemente comportamenti malevoli allo scopo di alienare i figli dal padre anche se non riescono a raggiungere il loro scopo. Insomma questi casi non corrispondono ai modelli della PAS, tuttavia indicano un’anomalia grave.
Lo scopo del presente studio è di definire e illustrare questa anomalia più generale con la speranza di provocare una sempre più approfondita analisi scientifica e clinica del problema.
Definizione
Questa sezione fornisce una definizione iniziale della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio che è stata tratta da casi clinici e giudiziari. Come per tutte le proposte iniziali, si auspica che le ricerche future portino ad un maggiore affinamento dei criteri tassonomici. La definizione proposta abbraccia quattro principali modelli di comportamento, come segue:
- Una madre che senza giustificazione punisce il marito da cui sta divorziando o ha divorziato:
a. tentando di alienare i figli dal padre
b. coinvolgendo altri in azioni malevole contro il padre
c. intraprendendo un contenzioso eccessivo
- La madre tenta semplicemente di impedire:
a. le visite regolari dei figli al padre
b. le libere conversazioni telefoniche tra i figli e il padre
c. la partecipazione del padre alla vita scolastica e alle attività
extracurricolari dei figli
- Lo schema è pervasivo e comprende azioni malevole come:
a. mentire ai figli
b. mentire ad altri
c. violazioni della legge
- Il disturbo non è specificamente dovuto ad un altro disturbo mentale, pur potendo coesistere con un altro disturbo mentale distinto.Illustrazioni cliniche
In questa sezione darò esempi clinici di ciascun punto usando i numeri di riferimento usati sopra.
Poiché i modelli di comportamento dall’1 al 3 sono specifici della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio, darò una serie di esempi clinici. Il quarto punto che riguarda il rapporto della sindrome in esame con altri disturbi mentali sarà discusso in modo più generale.
Modello 1a: L‘alienazione dei figli
La gamma di azioni intraprese da parte delle madri per tentare di alienare i figli dal padre è impressionante. Per esempio:
Una madre ha mentito ai figli dicendo che non poteva più comprare il cibo perché il padre aveva speso tutto il loro denaro con le donne nei “topless bar”.
La moglie di un medico ha obbligato il figlio di 10 anni a richiedere i pasti gratis a scuola per fargli credere che il padre li aveva fatti diventare poveri.
Ad una donna che per anni era stata vicina ai bambini nel corso della battaglia legale per la custodia la madre ha chiesto di abbandonare l’atteggiamento di neutralità e di schierarsi dalla sua parte per ”ballare sulla tomba del marito”. Quando l’amica ha rifiutato, la madre ha detto ai figli, mentendo, che la donna aveva una relazione col loro padre.
Comportamenti simili, se coronati da successo, possono portare i figli non solo ad odiare il padre, ma forse a non vederlo per anni. Come ha osservato Cartwright: “Lo scopo del genitore alienante è cristallino: privare il genitore perduto non solo del tempo da trascorrere col figlio, ma anche della sua infanzia”.
Modello 1b: Coinvolgere altri in azioni dolose
La seconda componente del primo modello di comportamento con cui la madre tenta di punire il marito, implica la manipolazione di altre persone da coinvolgere in azioni dolose contro il padre. Esempi di questo tipo sono qui di seguito:
Durante la battaglia legale per la custodia, una madre ha mentito al terapista riguardo al comportamento del padre. Il terapista , che non aveva mai parlato col padre, ha testimoniato davanti al giudice in qualità di esperto esprimendo il parere che la custodia dovesse essere affidata al genitore residente e che il padre doveva sottoporsi a terapia.
Una madre in preda alla rabbia ha spinto i figli adolescenti a lasciare lettere anonime di minaccia nella casa dell’ex-marito.
Una madre che aveva perduto la custodia legale dei figli ha indotto la segretaria della scuola del figlio ad aiutarla a rapire il bambino.
Nei casi suddetti è importante rilevare che la persona manipolata dalla madre è stata in qualche modo coinvolta nella rabbia della madre e “alienata” dal marito di questa in procinto di divorziare. La persona “raggirata” assume un tipico atteggiamento di virtuosa indignazione che contribuisce a creare un’atmosfera gratificante per la madre che si appresta ad intraprendere azioni dolose.
Modello 1c: Eccesso di azioni legali
E’ indubbio che entrambe le parti in causa nelle procedure per il divorzio o per l’affido hanno il diritto di presentare istanze o avviare azioni legali. Tuttavia alcune donne che soffrono della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio tentano di punire il marito con un eccesso di azioni legali.
Una madre bellicosa e irragionevole attaccava verbalmente il marito dovunque lo incontrasse. Col tempo la reazione di lui è stata quella di ignorarla. Allora lei ha portato il suo ex-marito davanti al giudice per obbligarlo a parlarle.
Una madre ha detto al giudice che sua figlia non era figlia del marito.
Una donna si è rifiutata di rinunciare alle continue azioni legali contro l’ex-marito, malgrado numerosi avvocati avessero abbandonato il caso volontariamente o fossero stati licenziati. In tre anni si erano succeduti sette diversi avvocati.
Esistono dati che possono aiutare a determinare la gamma delle azioni legali. Per esempio Koel e altri (1988) riferiscono la frequenza di processi in un campione di 700 famiglie. I loro dati indicano che solo il 12,7% delle famiglie presentano una sola istanza in tribunale dopo il divorzio, mentre meno del 5% presentano 2 o più istanze; meno dell’1% presentano 4 o più istanze.
Modello 2a: Proibizione di visite regolari
Gli esperti sono abbastanza concordi nel ritenere che le visite regolari e ininterrotte al genitore non residente siano auspicabili e benefiche per i figli, tranne in circostanze estreme (Hodges,1991). In effetti, alcuni stati come la Florida hanno leggi scritte che riflettono questa opinione (Keane ,1990). Purtroppo, anche quando il padre e i figli hanno diritto legale alle visite, madri affette dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio continuano a frapporre ostacoli all’esercizio di questo diritto.
Una madre, che aveva in precedenza aggredito fisicamente il marito quando questi andava a prendere i figli, gli ha impedito di prenderli con se anche quando si è presentato con la polizia.
Una madre, per impedire al padre di vedere i figli, non si faceva mai trovare in casa quando il marito divorziato andava a trovarli.
Una madre ha spinto il suo boyfriend, un tipo dall’aspetto feroce, ad aggredire il marito che era venuto a prendere i figli.
Il presidente dell’Associazione per i diritti del fanciullo (Washinghton,D.C.) osserva che questa alienazione è considerata una forma di violenza sul bambino (Levy,1992). Purtroppo la polizia in genere evita di essere coinvolta in queste situazioni. Inoltre, a meno che il padre vittimizzato non sia finanziariamente in grado di ritornare in tribunale sulla base dei fatti, si può fare poco per impedire questi comportamenti da parte della madre. Infine, persino quando tali fatti vengono portati in tribunale, quest’ultimo è spesso inadeguato ad appoggiare il diritto di visita da parte del padre (Commissione sul pregiudizio legato al sesso nel sistema giuridico, 1992).
Modello 2b:Libere conversazioni telefoniche con il padre
Nei casi di assenza fisica di un genitore il telefono svolge un ruolo importante nel mantenere il legame tra il figlio e il genitore non residente. Alcune madri affette dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio compiono una serie di atti volti ad impedire i rapporti telefonici.
Ad un padre che telefonava per parlare con i figli è stato detto che essi non erano in casa, mentre lui sentiva le loro voci in sottofondo.
Un altro padre che chiamava per parlare con i figli è stato lasciato in attesa al telefono senza che nessuno venisse avvertito della telefonata.
Sapendo che il padre era in vacanza, una madre ha spinto i figli a lasciare numerosi messaggi alla sua segreteria telefonica nei quali gli si chiedeva di richiamare immediatamente in caso fosse disponibile per andarli a prendere al di fuori del tempo stabilito per le visite.
Alcuni padri trovano questi tentativi di alienazione così dolorosi che alla fine smettono di telefonare ai figli: semplicemente “mollano”. In uno scenario di sconfitta, l’abbandono del padre (Hodge1991) sfortunatamente raggiunge proprio il risultato che la madre affetta dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio si proponeva.
Modello 2c: Impedimento della partecipazione alle attività extracurricolari
Una parte integrante del processo di mantenimento del legame col proprio figlio è la partecipazione alle attività che si svolgevano prima che i genitori si separassero. Attività sportive a scuola, sport di gruppo ed eventi religiosi sono solo alcuni tipi di attività importanti. Le madri malevole spesso adottano manovre atte ad evitare la partecipazione a tali attività.
Ad un padre sono state date volutamente la data e l’ora sbagliate di un evento importante per il figlio al quale la madre ha chiesto:”Chissà perché tuo padre oggi non è voluto venire a trovarti?”
Una madre ha rifiutato di dare al padre informazioni sulle attività extracurricolari in cui erano impegnati i figli.
Prima di una partita di calcio a cui partecipava il figlio, una madre ha raccontato delle falsità a discredito del marito a molti dei genitori degli altri bambini. Quando lui è arrivato per assistere alla partita, molti dei genitori gli lanciavano occhiate irritate, si rifiutavano di parlare con lui e si allontanavano quando lui si avvicinava.
Le madri malevole che hanno questi comportamenti raramente subiscono delle punizioni come conseguenza delle loro azioni. Giudici, avvocati e polizia non possono occuparsi di tutti i casi in cui al padre viene impedito il contatto con i figli. Inoltre la maggior parte dei padri non può permettersi le spese necessarie. Così il ciclo di interferenze nei rapporti tra padri e figli si perpetua.
Modello 3a: Menzogne malevole ai figli
Data la loro condizione evolutiva, i bambini in una situazione di divorzio conflittuale sono piuttosto vulnerabili. Quando un genitore decide di danneggiare l’altro mentendo ai figli, si possono verificare casi di comportamento malevolo come i seguenti:
Una madre in fase di divorzio ha detto alla sua giovanissima figlia che il marito non era il suo padre vero, anche se lo era.
Una ragazzina di 8 anni è stata obbligata dalla madre a consegnare al padre delle fatture non pagate: la madre lo aveva accusato falsamente di non provvedere al sostentamento della famiglia.
Una madre ha raccontato ai figli che il padre in passato l’aveva ripetutamente battuta, cosa assolutamente falsa.
Questi esempi di bugie malevole possono esser confrontate con le manovre più sottili tipiche della PAS, come le “asserzioni virtuali”(Cartwright,1993): la madre che causa la Sindrome da alienazione parentale può insinuare che vi è stata violenza, mentre la madre affetta dalla Sindrome della madre malevola afferma falsamente che vi è stata effettivamente violenza.
Modello 3b:Menzogne malevole agli altri
E’ possibile che delle madri affette dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio coinvolgano un numero considerevole di persone nei loro attacchi contro l’ex-marito. Tuttavia, nel caso di questo particolare modello, il soggetto affetto dalla sindrome mente esplicitamente ad altre persone nel conflitto contro il marito.Ecco alcuni esempi:
Una madre furente ha chiamato al telefono il presidente del luogo in cui il marito lavorava (1500 impiegati) sostenendo falsamente che questi usava beni dell’azienda per guadagno personale e che usava violenza ai figli sul luogo di lavoro.
Una donna ha mentito a dei funzionari statali sostenendo che l’ex-marito abusava sessualmente della figlia.
Nel corso delle procedure per l’affido, una madre ha mentito al tutore che stava svolgendo indagini sulle capacità genitoriali di ciascun genitore, riferendogli che il padre le aveva usato violenza.
Snyder (1986) ha scritto delle difficoltà che le autorità legali incontrano quando si trovano di fronte qualcuno che è un ottimo bugiardo. Le ricerche concordano sull’incapacità degli specialisti di scoprire la menzogna (Ekman e O’Sullivan,1991) e sulla capacità di un abile bugiardo di testimoniare in tribunale in modo persuasivo (Snyder, 1986). Snyder (1986) rileva che la menzogna patologica (Pseudologia Fantastica), per quanto talvolta si riscontri in personalità “borderline”, non è limitata a quel particolare disturbo della personalità.
Modello 3c:Violazioni della legge per danneggiare il marito
La battaglia contro il marito da parte delle donne affette da Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio non ha praticamente alcun limite. Le violazioni della legge sono comuni in molti casi, anche se di solito si tratta di infrazioni relativamente non gravi. Tuttavia in alcuni casi le violazioni sono abbastanza serie.
Una madre ha intenzionalmente spinto la sua automobile contro la casa dell’ex-marito nella quale risiedevano i loro figli.
Nel corso della battaglia per la custodia legale dei figli, una donna si è introdotta nella residenza del marito ed ha trafugato dei documenti importanti.
Una madre furibonda ha telefonato ad una televisione cristiano-evangelica ed ha offerto 1.000 dollari a nome del marito ebreo del quale ha fornito indirizzo e numero telefonico.
Gli esempi suddetti possono richiamare alla mente del lettore certi disturbi della personalità (per es. antisociale, “boderline”, sadica); tuttavia questi comportamenti si possono riscontrare anche in donne affette da Sindrome della madre malevola che non sembrano conformarsi ai modelli diagnostici ufficiali del disturbo di tipo Axis II. Inoltre nessuna delle madri malevole coinvolte nei casi menzionati ha subito una condanna dal giudice per il suo comportamento.
Modello 4:Comportamento non dovuto ad altro disturbo
Nel valutare la Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio, è importante notare che molti dei suddetti casi clinici sembrano essersi verificati in soggetti che non avevano ricevuto una diagnosi o cure precedenti per disturbi mentali. Anzi una madre che aveva un comportamento estremamente malevolo nei confronti del marito, in fase di divorzio ha presentato molti testimoni, specialisti di salute mentale, che hanno asserito che non soffriva di alcun tipo di disturbo mentale.
Secondo l’esperienza dell’autore, per ogni disturbo mentale che possa venire in mente per spiegare una parte di questo comportamento, vi è sempre un caso eccezionale. Per esempio in alcuni casi può essere appropriata una diagnosi di disturbo di adattamento: tuttavia vi è il caso di una donna che, ancora 10 anni dopo il divorzio, continuava a negare al diritto di visita. Altri casi potrebbero suggerire come possibile diagnosi un disturbo della personalità: ma vi è il caso di una donna che ha ripetutamente violato la legge con continui attacchi contro il marito e nei confronti della quale specialisti di alto livello non hanno mai riscontrato disturbi della personalità. In alcuni casi si potrebbe prendere in considerazione la diagnosi di disturbo esplosivo intermittente, ma in alcune madri la rabbia non appare intermittente.
Infine il lettore dovrebbe rendersi conto che, da una parte non sempre l’accuratezza della diagnosi per certi disturbi psichiatrici è quella ci si aspetterebbe (per es. i disturbi della personalità, vedi Turkat,1990), dall’altra il problema è reso più grave nel diritto di famiglia quando a volte vengono coinvolti nel processo degli esperti di salute mentale incompetenti (Turkat, 1993). Chiaramente il rapporto tra la Sindrome della madre malevola e altri disturbi mentali è complesso e richiede indagini significative.
Discussione
La descrizione precedente della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio solleva una molteplicità di problemi clinici, legali e scientifici importanti.
Sotto l’aspetto clinico le famiglie in cui si manifesta la sindrome sono soggette a gravi episodi di stress e angoscia. Tuttavia non vi è chiarezza scientifica su come curare il fenomeno. Questa è particolarmente compromessa dal fatto che molti dei soggetti che sembrano conformarsi ai modelli diagnostici proposti negano che vi sia in loro qualcosa di anomalo.
Un’ulteriore difficoltà è causata dal fatto che molti terapisti non sono consapevoli di questo schema di comportamento malevolo (Heinz e Heinz, 1993). Così vi sono terapisti che vengono ingannati nel trattare questi casi e, come è stato osservato prima, testimoniano in tribunale che non vi è niente di anomalo nel comportamento della madre coinvolta.
Sotto l’aspetto legale ci sono avvocati che possono, involontariamente, incoraggiare questo tipo di comportamento (Gardner, 1989). D’altro canto vi sono anche avvocati che incoraggiano intenzionalmente questo comportamento in quanto ne ricavano un tornaconto che è legato alla durata dell’azione legale. In altre parole, più è complesso il processo, maggiore è il profitto per l’avvocato. (Grotman e Thomas, 1990). Tuttavia, anche per la sottospecie di avvocati per cui ciò può valere, vi è un momento in cui il profitto diminuisce. Inoltre, a prescindere da considerazioni economiche, molti di coloro che hanno a che fare con i tribunali che giudicano le cause che coinvolgono la famiglia, trovano che questi casi sono affrontati in modo non corretto. (Greif, 1985; Levy,1992).
Nessuna donna che abbia questo tipo di comportamento perde il diritto all’assegno di mantenimento, a meno che non sia affetta da turbe così gravi da perdere la custodia dei figli; e non va neppure in prigione. Così molti clienti denunciano una notevole frustrazione quando essi e i loro figli sono esposti a questo tipo di comportamento, e sembra che i tribunali facciano ben poco.
In una rassegna di scritti giuridici sul pregiudizio nei confronti degli uomini nei procedimenti legali Tillitski (1992) conclude che vi è una diffusa discriminazione. Questa è bene illustrata dall’affermazione di un giudice di processi relativi a controversie familiari che ha detto: “Non ho mai visto i vitelli seguire i buoi, seguono sempre la mucca; perciò io do sempre la custodia alle mamme.” (Commissione d’indagine sul pregiudizio legato al sesso ne sistema giudiziario, 1992, pag.741). Analogamente, si nota che il rigore che viene applicato per far rispettare l’ordinanza relativa all’assegno di mantenimento, non viene invece esercitato nel far valere il diritto di visita da parte del padre. (Commissione d’indagine sul pregiudizio legato al sesso nel sistema giudiziario, 1992). In conseguenza di questi pregiudizi contro gli uomini nella procedura del diritto di famiglia alcuni padri diventano senza volerlo vittime relativamente inermi del sistema (Tilletski, 1992). Questa situazione sembrerebbe rafforzare il comportamento doloso messo in atto da donne che soffrono della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio.
Certo occorre affrontare il problema dell’incidenza del disturbo secondo il sesso. La schiacciante maggioranza dei genitori affidatari sono donne (Commissione d’indagine sul pregiudizio legato al sesso nel sistema giudiziario, 1992). Gardner (1989) ha notato che la PAS si presenta più comunemente nelle donne, anche se è possibile che un uomo a cui è stata affidata la custodia dei figli abbia lo stesso tipo di comportamento alienante. L’esperienza dell’autore, relativa alla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio, è simile a quella di Gardner, ma chi scrive non ha ancora trovato un solo caso di padre che abbia assunto uno dei comportamenti elencati sopra. Ciò non significa che non ci sia la possibilità che la sindrome del ”padre malevolo” esista. Anzi Shephard(1992) riferisce che esistono dei casi significativi di violenza nei confronti di alcune madri affidatarie da parte di padri non residenti. D’altro canto si deve osservare che non si riscontrano finora casi di madri inadempienti, nei casi in cui spetta a loro l’onere del mantenimento dei figli. Dato che fino ad oggi non sono stati documentati casi in cui il padre assume tutti gli atteggiamenti corrispondenti ai modelli della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio mi sembra consigliabile attendere riscontri scientifici che possano guidare nella scelta di etichette di carattere nosologico.
Qual è la diffusione della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio? Non abbiamo una risposta. Gardner (1989) riferisce che circa il 90% delle controversie per la custodia implicano aspetti di alienazione parentale. Inoltre Kressel (1985) ha esaminato dei casi che indicano che addirittura il 40% delle madri a cui è stata affidata la custodia hanno impedito al padre di visitare i figli allo scopo di punirlo. Arditti (1992) ha riferito dei dati connessi: il 50% di un campione di 125 padri indicava che la madre intralciava le loro visite ai figli. Aspetti di alienazione parentale possono essere comuni, ma è estremamente improbabile che una tale percentuale di madri a cui sono stati affidati i figli rientrerebbe in tutti i modelli della Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio.
Per quanto riguarda l’incidenza, dal nome della sindrome sembrerebbe che il comportamento malevolo sia accelerato dal processo di divorzio. Tuttavia questa è una questione empirica. Le azioni malevole possono essere notate durante il processo di divorzio, ma è possibile che il comportamento malevolo fosse preesistente, anche se nascosto. Questa ipotesi è suffragata dalle ricerche sul conflitto parentale precedente al divorzio (Enos e Handal, 1986). Infatti può anche accadere che vi siano casi di disturbi mentali che non vengono scoperti finché non interviene lo stress del divorzio.
Infine si deve osservare che cominciano ad apparire ricerche sul funzionamento della famiglia dopo il divorzio. Esistono dati sul ruolo del conflitto parentale nei confronti del comportamento dei figli dopo il divorzio (per es. Frost e Parkiz, 1990; Furstenberg e altri, 1997; Healy, Malley e Stewart, 1990; Kurdek, 1988), ma non sono ancora apparsi studi sui casi più estremi di Sindrome da alienazione parentale e Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio.
La Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio rappresenta un importante fenomeno sociale. Il disturbo coinvolge bambini, genitori, avvocati, giudici, tutori, operatori psichiatrici e altri. Finché il fenomeno non viene esplorato più accuratamente nella letteratura scientifica e clinica, i problemi causati da persone affette dalla Sindrome della madre malevola nei casi di divorzio continuerà ad affliggerci. Si spera che questo scritto stimoli la ricerca così da rendere possibile lo sviluppo di linee di orientamento per la gestione clinica e legale del problema.
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