Plagiando il titolo di un’opera teologica di Bonaventura da Bagnoregio, la Divina Commedia è soprattutto un Itinerarium mentis in Deum. Nel primo canto che è introduttivo al poema dantesco (Inf. I, 121-123) Virgilio allude a Beatrice implicitamente; esplicitamente lo spiega nella narrazione del canto II dell’Inf. 52-142, quando fa sapere che – per soccorrere lo smarrito Dante – si sono “scomodate” dal Paradiso tre donne: la Madonna, Santa Lucia e Beatrice.
Questa è musa ispiratrice. Viene da Dante definita, nel sonetto “Tanto gentile e tanto onesta pare”, in un modo straordinario, cioè come una “cosa venuta / di cielo in terra a miracol mostrare”. “Cosa” è il termine dell’indefinibile: una donna realmente vissuta? una creatura celeste? o una allegoria? un riflesso dell’ansia di ascesa spirituale e di purificazione del poeta?
Qualunque sia la risposta a questa querelle rimane certo che i grandi scrittori attraverso la letteratura rendono immortali i loro personaggi facendole diventare persone. Ha ragione Pirandello: è l’autore che crea e dà la vita ai suoi sei personaggi, solo se lo vuole. La fantasia letteraria supera la realtà. Don Abbondio, mai esistito, è più reale del Cardinale Borromeo; Ulisse, frutto di racconti popolari, sfida ancora le sirene dello stretto di Messina più dei traghetti.
In tutte le opere di Dante Alighieri, dalle rime giovanili alla Divina Commedia, la figura di Beatrice occupa una posizione di netto rilievo. La sua figura è ancora, in parte, avvolta nel mistero. Beatrice è per Dante=uomo uno stimolo per l’introspezione spirituale e per Dante=poeta fonte di ispirazione letteraria.
Beatrice è con Dante in un rapporto molto più intimo e profondo di tutti gli altri personaggi della Divina Commedia, dello stesso Virgilio. Per questo bisogna accostarsi a lei con molta delicatezza: la sua identità è una delle più difficili da codificare, poiché appartiene al mondo interiore, dove convivono conscio e subconscio, mente anima e spirito. Beatrice apre e chiude tutto il cammino di Dante uomo e poeta, fino ad essere la guida nel regno della beatitudine celeste. Non solo donna angelo che conduce a Dio, ma strumento indispensabile per raggiungere il traguardo dell’itinerario della Divina Commedia cioè la Verità che è Dio stesso. “La verità vi farà liberi” (Gv (,3). Dante poi sarà ammesso all’estasi mistica della Trinità per intercessione e la preghiera di San Bernardo, teologo mariano, Vergine madre… (Ultimo canto del Paradiso e della Commedia).
Essa, per Dante, non è solo la “tentazione” dolcestilnovistica, l’incarnazione dell’amore angelicale della Vita nuova, ma apparendo nel paradiso terrestre in uno splendore di gloria si sostituisce alla guida razionale (Virgilio) perché la strada per il Paradiso ha bisogno della Teologia, di cui Beatrice è figura e allegoria perfetta.
Beatrice nel vedere Dante (Purg. XXX, 54-144) si mostra nei suoi confronti severa e premurosa come una madre nell’intento di condurre definitivamente alla salvezza il suo protetto, ricordandogli i trascorsi non proprio edificanti e il suo intervento salvifico.
Lei ricorda la sua discesa al Limbo (Anti-Inferno) per invitare Virgilio a raggiungere Dante nella Selva oscura (Inf. I: Vera introduzione a tutta la Commedia).
Quale significato ha la sparizione di Virgilio alla sommità del Purgatorio, già paradiso terrestre, in coincidenza con l’apparizione di Beatrice? Semplicemente la Ragione umana (Virgilio) che cede il passo alla Teologia (Beatrice, che farà da Cicerone della terza cantica).
Virgilio è da tempo silenzioso e qui addirittura si licenza dal poema; Dante vorrebbe parlare, ma la scoperta della sparizione del maestro lo ammutolisce: parla invece Beatrice.
Il verso 55 di Purg. XXX inizia con “Dante”, un unicum in tutto il poema. E’ Beatrice=Teologia che interpella il discepolo e lo invita ad andare oltre gli insegnamenti di Virgilio=Ragione e non guardare più indietro né piangere, ma puntare gli occhi in Lei. Il cammino verso Dio ha bisogno di una “Trasumanazione”.
Dopo aver condotto Dante nell’Empireo, Beatrice torna al suo posto nella candida rosa composta dalla moltitudine delle “bianche stole” dei santi e dai loro corpi luminosi. Dante si volge verso Beatrice per avere dei chiarimenti, ma al suo posto trova san Bernardo di Chiaravalle, un mistico cantore del culto della Madonna, che aiuta Dante a compiere l’ultimo tratto del suo viaggio, poiché per contemplare pienamente Dio non basta più la scienza teologica, cioè Beatrice, ma servono ardor e contemplativo e la grazia della Vergine Da studiosi della teologia diventare “mistici”). San Bernardo mostrerà a Dante la “sua” Beatrice, seduta tra i santi nella candida rosa.
La Filosofia è scienza che ricerca la verità sulla base della sola ragione umana. La Teologia è scienza legata alla religione, e ricerca la verità rivelata da Dio. La Teologia si basa sulla fede. Anche se alcuni problemi da risolvere sono comuni il metodo, il cammino è assai diverso. Dove Virgilio era guida sicura, Beatrice era assente. Quando la ragione è impotente subentra Beatrice che incarna il sapere teologico.
Tanti sono i lettori, i cultori, gli esegeti dell’Inferno dantesco. Meno sono quelli che si inerpicano per la montagna del Purgatorio che sa di ascesa monacale, di esercizi spirituali, di triduo pasquale. Per affrontare il Paradiso dantesco poi è necessario un corso di Teologia tomista e l’ascesi mistica tipica dei monaci orientali.
Per questo mancano le guide valide alla comprensione dell’Ultimo del Paradiso.
Benigni riesce dove noi docenti non abbiamo voce. Ce ne fossero come Roberto !
Giovanni Sicali
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