- Parmenide è l’artefice della prima netta distinzione della filosofia, ovvero lui distingue: ciò che è, l’essere, dall’assoluto nulla, il non essere. L’angoscia della filosofia è lo svelarci il nostro andare verso il nulla, a dispetto del mito secondo cui la morte è un viaggio verso un al di là imprecisato. Ecco spiegato, dunque, come la filosofia stessa, da Parmenide in poi, abbia contenuto in sé i germi del nichilismo, cioè quella convinzione filosofica secondo cui la meta del nostro essere è appunto il nulla, la morte. Heidegger dice appunto “l’essere-per-la-morte”. Le religioni invece, che per loro fortuna o sfortuna – non ci è dato sapere – sono sempre rimaste saldamente ancorate al mito e alla spiegazione mitica, credono che il nostro essere non abbia come fine il nulla, la morte, bensì qualcosa di più alto, come ad esempio: un fine nobile e superiore. Questo “fine” altro non è che un concetto metafisico, quale Dio appunto. Per ciò la filosofia prima, la metafisica, è strettamente imparentata con la teologia, o scienza di Dio.
Secondo Parmenide la Verità e la ragione conducono all’essere; mentre l’opinione e i sensi conducono all’apparenza. Inoltre, la ragione e non l’occhio vedono il Vero. L’essere è e non può non essere. L’essere non nasce e non muore, è eterno e immutabile. Essendo i sensi fallaci e ingannevoli, ciò che essi rilevano lo è altrettanto. Percependo noi il mondo coi sensi, ne consegue che il mondo da noi percepito non è che pura illusione. In questo Parmenide può considerarsi il primo vero anticipatore di Kant, che molti secoli dopo distinguerà una realtà noumenica da un’altra invece fenomenica, la prima legata all’essere e la seconda al divenire.
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