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martedì 24 novembre 2009

La dura vita dei papà separati.


LA DURA VITA DEI PAPA' SEPARATI
di Anna Maria Sersale

«Ci accusano di essere assenti, padri part-time, fantasmi, o peggio PADRI-BANCOMAT che dopo avere dato l’assegno se ne infischiano dei problemi... Etichette che ci hanno cucito addosso ingiustamente, con danni pazzeschi. Pregiudizi, certo. Ma noi non ci stiamo. Se siamo separati dalle mogli, non vogliamo essere separati anche dai figli... Però è dura. Io, come tanti altri, sono stato travolto. Come tanti altri non ce l’ho fatta a reggere economicamente.

Il Tribunale ci mette alla porta, assegna la casa a lei, fissa l’assegno mensile, i problemi di sopravvivenza non contano. Chi resta, la madre, ha mille modi per rendere difficile la vita dell’altro: un’insidia sotterranea, un boicottaggio invisibile, una miriade di minuti ricatti quotidiani. Avevo una piccola bottega, per due anni ho dormito nel retro. Ho passato tante notti in macchina, poi sono tornato da mia madre, una sconfitta, a 50 anni mi è crollato il mondo addosso».

Il colletto della camicia stirato male, la giacca consumata, i jeans con l’aria sdrucita. Riccardo T. ha superato i cinquanta, ma non il trauma da “padre separato”. Trauma economico e esistenziale. Della povertà dei separati - entrata a far parte delle nuove emergenze sociali - se ne è accorta per prima la CARITAS: «A Roma e Milano ce li siamo trovati nei dormitori, sempre più numerosi».

Ora se ne stanno accorgendo anche i Comuni. L’inverno scorso Sveva Belviso, assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, quando è andata a portare le coperte per il freddo ai barboni e agli immigrati che l’amministrazione ospitava nell’ex Fiera di Roma, sulla Colombo, dentro ci ha trovato tanti uomini separati, che per avere una branda e un piatto caldo si appoggiavano alla struttura comunale. «Gente normale, con un lavoro, ma che non riusciva a sostenere i costi della separazione - racconta l’assessore Belviso - Gente che di mattina prendeva la valigetta per andare in ufficio. Mi sono detta, un’altra emergenza. Così è nato il progetto sperimentale appena varato: i separati, finiti in condizioni di marginalità e povertà, avranno presto un rifugio, una residenza protetta».

Nasce a Roma la “Casa per i papà separati”. Il Comune ha emanato il bando per reperire una palazzina con almeno venti-ventidue appartamenti. Si tratta di «piccoli alloggi con angolo cottura, camera da letto, saloncino e tv, bagno arredato con lavatrice, e spazi comuni, giardini, aree per le attività ricreative» in modo da avere un luogo adatto ai bambini, dove poterli ospitare il fine settimana. Per ora un avvio sperimentale, ma la Belviso sa di dover aumentare il sostegno.

A Bolzano già avviata una esperienza analoga. Anche lì il Comune è intervenuto in soccorso dei padri che lasciano la dimora coniugale e finiscono per strada. Ma se a Bolzano è arrivata perfino la televisione coreana a riprendere la casa di accoglienza per i padri separati, la Regione Liguria è stata la prima ad approvare una legge che nel bilancio 2009 ha messo alcuni milioni di euro per case temporanee e per il sostegno psicologico e legale alle famiglie che si rompono.

Soddisfatte le associazioni che raggruppano i padri. In prima linea Antonio Matricardi e Tiziana Arsenti, rispettivamente vice presidente e presidente dell’associazione “Papà separati dai figli”: «Era ora che si accorgessero di questo dramma». Ma c’è chi non è per nulla convinto e accusa i padri di «vittimismo». «Non si tratta di vittimismo, le separazioni delle coppie con figli, oltre ad un trauma personale - sostiene ancora l’assessore capitolino Sveva Belviso - comportano un improvviso aumento delle spese con un impoverimento generale della famiglia. A precipitare nel disagio economico sono i genitori non affidatari, solitamente i padri, che oltre a versare l’assegno mensile devono lasciare la dimora». I separati in difficoltà, dunque, a Roma potranno restare nella struttura comunale per 12 mesi.

Il fenomeno è esteso. Lo dice anche la diocesi di Milano nell’ultimo rapporto su vecchie povertà e bisogni emergenti, c’è un capitolo riservato ai divorziati, sottolineando come «molti di essi siano finiti agli ultimi posti della scala sociale». In genere si tratta di uomini di età compresa tra i 35 e i 54 anni. Ma quanti sono in totale? Secondo le stime Istat toccano quota 200 mila i padri con una ex moglie e almeno un figlio minorenne. Ovviamente non sono tutti in povertà, ma la fascia del disagio è comunque ampia. Quanto ai bambini si sa che sono 263 mila quelli che non vivono più con i padri: cifra destinata a crescere visto l’incremento delle separazioni e visto che la legge sull’affidamento condiviso è in parte inattuata (in Parlamento ora è in discussione un ddl di modifica della legge, per evitare che le norme vengano aggirate).

Non sono emigrati, non sono disoccupati, non sono imprenditori rovinati dalla crisi. Come nel caso di Riccardo T. «i padri separati chiedono di avere una vita dignitosa, anche per non perdere il rapporto con i figli». Ma come sono i padri oggi? «Hanno una relazione molto più stretta con i figli - sostiene Marino Maglietta, presidente dell’associazione Crescere insieme - Percepiscono un senso enorme di perdita quando devono rinunciare alla quotidianità con il figlio, si sentono defraudati. Nessuno vuole fare del femminismo al contrario, ma il più penalizzato dalla separazione è lui». Lui che ora si sente vittima delle contraddizioni: nuove leggi sul congedo familiare chiedono agli uomini di assumere più responsabilità, nella cura dei figli, nella collaborazione con il partner. «I padri oggi danno più presenza materiale, affettiva, ma poi - osserva l’avvocato Maria Pia Sabatini - al momento della separazione e del divorzio vengono accompagnati gentilmente alla porta, indicando la cifra mensile da versare per i figli e i giorni di visita non trattabili, soprattutto se, come accade quasi sempre, tra gli ex c’è un alto livello di conflittualità»


Fonte -Messaggero

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