Silvia è una delle persone che hanno la sfortura di soffrire di sensibilità chimica multipla (Mcs), una malattia rara ma in continua espansione che si manifesta con una progressiva intolleranza nei confronti di sostanze chimiche di varia origine (dai detersivi ai profumi, dalle vernici ai collanti, ma l’elenco sarebbe lunghissimo). L’organismo sviluppa cioè una serie di intolleranze e ha difficoltà a eliminare numerosissime sostanze chimiche. Malattia riconosciuta come invalidante in Austria e in Germania, ma anche in Giappone e negli Stati Uniti. Ma non in Italia.
E’ questa la battaglia di Silvia e di altre persone malate — quattro in provincia di Pistoia, una ventina in Toscana, 4mila quelle censite dall’Istituto superiore della sanità nel 2004 — che hanno una loro associazione nazionale, Amica (Associazione per le malattie da intossicazione cronica e/o ambientale), della quale lei è vicepresidente: l’obiettivo è ottenere il riconoscimento della Mcs come malattia sociale e invalidante. Una battaglia difficile e che per ora ha dato pochi risultati. Di pochi giorni fa una lettera al nostro giornale di un’altra persona malata di Livorno.
Recentemente della malattia si è occupato anche il consiglio comunale di Massa e Cozzile approvando all’unanimità una mozione (inviata alla presidenza di Camera e Senato e alle commissioni competenti) per chiedere che vengano rispolverate dal dimenticatoio in cui sono finite le sei proposte di legge d’iniziativa parlamentare per il riconoscimento della malattia. "Ringrazio tantissimo i promotori dell’iniziativa — dice Silvia — perché si sono impegnati al mio fianco e di tante persone che soffrono. Come associazione abbiamo intanto avviato contatti con la Regione Toscana — racconta Silvia, che ci riceve con la mascherina nel cortile di casa perché entrando porteremmo la scia delle sostanze che abbiamo sul corpo — per avere alcuni sostegni, tra cui l’apertura di un ambulatorio medico al quale poter accedere senza rischio". Già, perché per Silvia gli ambulatori normali (con tutti i loro prodotti chimici dai dissinfettanti ai medicinali e così via) sono posti impossibili da frequentare.
"Recentemente — racconta questa donna minuta, dallo sguardo diretto e chiaro — ho dovuto togliermi due denti. La dentista ha dovuto adeguare lo studio alle mie necessità, togliendo il materiale che avrebbe potuto crearmi reazioni. E’ anche stato necessario trovare un’anestesista che fosse in grado di scegliere le sostanze più adatte al mio caso. Per estrarre due denti sono stati necessari due mesi". La vita di Silvia è tutta così. Non può entrare — nonostante ormai tenga costantemente la mascherina sul viso — in nessun luogo chiuso. Il supermercato, ad esempio, per lei è veleno.
"La spesa — spiega ancora — la fa mio marito. Alle poste ci va mia suocera. Non posso partecipare alle feste dei miei figli: l’unico posto dove posso accompagnare il più grande è calcio, perché sono spazi grandi e all’aperto". La sua casa è stata via via svuotata: una serie di tentativi per riuscire a eliminare le sostanze che le provocano reazione. Si veste solo di cotone e con colori chiari. E ancora, niente lavoro ("ci vorrebbero ambienti ad hoc"), niente vacanze. "Solo qualche gita in campagna o in montagna — dice Silvia che la malattia ha duramente provato, senza però toglierle la voglia di vivere e lottare — ma ai bambini piace il mare...".
CRISTINA PRIVITERA
Fonte-La Nazione
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