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mercoledì 28 ottobre 2009



Gent.le Sig.ra Oddoy,

La ringrazio per il suo impegno. Nella sua mail del 22.10.2009 leggo:

L’avv. Dollinger ha fatto sapere che si sta pianificando un incontro della madre con i bambini. Il padre farà avere alla madre la seguente offerta nei prossimi giorni; incontro in un luogo adatto in Austria o in Svizzera.”

Poiché in questo procedimento la D.ssa Dollinger non è il giudice, ma soltanto l’avvocato della parte avversa, sarà sicuramente nell’interesse del Kreisjugendamt München non lasciarsi guidare dalle richieste di una battagliera avvocata tedesca, bensì mantenere una posizione neutra che tenga conto dell’interesse superiore dei bambini bi nazionali. Anche se detto interesse, da un punto di vista tecnico-giuridico, non dovesse perfettamente coincidere con il bene tedesco (Kindeswohl) dei bambini. Si tratta qui appunto di una causa transnazionale e non prettamente tedesca.

Per questo desidero chiederLe, essendo la terza parte in causa, di indirizzare al tribunale familiare una raccomandazione attualizzata in questo senso. Nulla impedisce ad uno Jugendamt tedesco di rendere possibili gli incontri, anche se il procedimento è ancora in corso e l’esito dello stesso è ancora incerto, anzi a maggior ragione proprio perché il procedimento è ancora aperto e l’esito incerto.

Non mi lascerò indurre dal Kreisjugendamt München, che qui si fa portavoce -presumibilmente involontario- di una battagliera avvocata tedesca, ad un mercanteggiamento con i miei figli come fossero sacchi di patate, mi preoccupo invece quale genitore pienamente responsabile che venga assicurato a questi bambini un libero ed incontrollato accesso ad entrambi i genitori. Così come previsto dal Diritto Internazionale, ma anche dal buon senso. L’esperienza insegna che purtroppo una simile situazione è possibile solo al di fuori della giurisdizione tedesca.

Allo stesso modo anche nel caso in questione. Infatti, fin tanto che i bambini si trovavano in Italia, il genitore detentore del diritto di visita – il sig. Ritter – era assolutamente libero di telefonare in ogni momento ai bambini. Il contatto viene assicurato in Italia così come in Germania. Per questo le Autorità italiane si sono persino impegnate con una mediazione.

La situazione è completamente diversa da quando i bambini sono stati rapiti e portati in Germania, sulla base di una lettura tutta tedesca del diritto penale negli affari civili. Si è intrapreso e si continua ad intraprendere di tutto per guadagnare tempo, per allungare il lasso di tempo durante il quale i bambini non hanno contatti né con me, né con l’Italia, in modo da creare una situazione irrevocabile. Le formule stereotipate delle argomentazioni degli Jugendamt tedeschi sono che i bambini devono “ambientarsi” (einleben), o che devono “ritrovare la tranquillità” (zur Ruhe kommen), o che non si può fare nulla “fino a quando i genitori non riescono ad accordarsi” (solange die Eltern sich nicht einigen können).

Lo Stato tedesco – Jugendamt, Tribunale familiare e Procura – non può seriamente pensare di far credere alla comunità internazionale, nel rispetto dei valori della Comunità Europea, che non può opporsi alla volontà ed alle menzogne di un’avvocata tedesca di provincia ed impedire l’intenzionale germanizzazione dei miei bambini. Certo che può opporsi. A condizione che abbia davvero la volontà di farlo. Il fatto che la giustizia familiare tedesca possa intervenire solo se i genitori sono d’accordo, è decisamente strano, se non addirittura molto sospetto. Se così fosse, a cosa serve la giustizia familiare tedesca?

Pertanto La prego, Sig.ra Oddoy, di adoperarsi, in virtù della sua posizione di rappresentante dell’ufficio statale di conciliazione familiare “Jugendamt”, a scrivere una raccomandazione in tempi brevissimi (una settimana) con la quale Lei – e non la sig.ra Dollinger – vorrà organizzare e garantire un libero accesso ed un libero contatto telefonico tra me ed i miei bambini fintanto che gli innumerevoli ed eterni procedimenti della giustizia tedesca saranno pendenti. Come ben sa, potrebbe trattarsi di anni.

Ciò che io ho perseguito in Italia con l’appoggio delle Autorità italiane per rendere possibile al padre detentore del diritto di visita, il sig. Ritter, un libero e regolare contatto con i bambini, potrebbe senz’altro essere d’esempio anche per Lei. Anche se, o forse proprio per questo, il sig. Ritter e la sua avvocata battagliera non possono o non vogliono.

Cordiali saluti

Dr. Marinella Colombo

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